Da sempre inseguo l'idea di libertà come un assetato cerca l'oasi nel deserto, e da sempre incontro solo miraggi. Non è la "libertà di" quella che inseguo invano, ma la "libertà da" che mi sfugge continuamente.
Solo recidendo le catene delle paure e dei condizionamenti si è liberi di agire senza timori delle conseguenze, affrontando le proprie scelte con coraggio e consapevolezza. Ma come liberarci dalle sbarre con cui noi stessi abbiamo circondato la nostra esistenza e che ogni anno, con il venir meno della forza e dell'energia necessarie per evadere, diventano sempre più spesse?
La saggezza che si riesce ad acquisire attraverso la conoscenza e l'esperienza resta sempre a livello razionale, e così ci sono momenti in cui riusciamo anche ad ideare una strategia di fuga. Ma la determinazione con cui decidiamo di appropriarci per interno della nostra esistenza, e di renderla consapevole perchè vissuta secondo ciò che noi riteniamo giusto e non semplicemente dovuto, si scontra con le paure ataviche che ci spingono a comportarci come gli altri con cui entriamo in contatto si aspettano che noi facciamo. A prescindere dal fatto che ciò ci renda o meno felici. E a prescindere dal fatto che un comportamento non sentito intimamente come proprio possa effettivamente rendere felice il prossimo.
Ognuno di noi si è costruito il proprio carcere, ciascuno per le motivazioni più disparate, ma tutti siamo accomunati dalla paura di essere liberi, perchè questa libertà porta necessariamente con se la sofferenza atroce di essere responsabili di se stessi, di essere soli di fronte al proprio io, senza alibi.
La libertà è partecipazione.. Così qualcuno più saggio di me cantava. Stai sicura, il senso di libertà a cui alludi è in questo mondo irraggiungibile, pena -forse- l'esilio o qualcosa di simile. Si deve, credo, trovare un equilibrio di interessi, evitare per esempio di farsi troppo gli affari altrui non è un metodo che ci garantisca l'opposto. Allora non resta che oltre a farci gli affari nostri, ci si renda trasparenti anche a quelli che vorrebbero straparlare di noi. In fondo, la vera libertà è questa. Vivere senza essere osservati.
RispondiEliminaInteressante il tuo commento. Ci devo riflettere sopra. Vivere senza essere osservati ....
RispondiEliminaPoichè non credo che tu intenda alludere ad una rinuncia, nel senso di essere trasparenti per non essere visti e quindi non lasciare alcuna traccia di se, devo comprendere meglio che cosa intendi dire. Perchè se lo interpreto come non essere giudicati, o meglio non curarsi del giudizio degli altri, allora esprimiamo concetti molto simili.
Intanto vado a dormire, magari domani mi sveglio in uno di quei momenti di consapevolezza ;)
Bella e stimolante riflessione; mi riporta alla mente due punti di riferimento della mia riflessione in materia.
RispondiEliminaPrimo il Kirillov di Dostoevskji, che si uccide per affermare la sua libertà, intesa come onnipotenza divina.
Secondo, la definizione di fede data da Sartre, che ricalca in negativo la chiusura del tuo post; è proprio la paura di doversi confrontare con le proprie responsabilità, di fare i conti con se stessi, che porta l'uomo a credere in una entità superiore, senza la quale dovrebbe rimboccarsi le maniche.
Ugolino, grazie per il contributo.
RispondiEliminaSono molto più vicina alle conclusioni di Sarte che all'onnipotenza di Kirillov. Credo che il terrore dell'uomo di fronte a se stesso sia destinato ad aumentare nel nostro tempo, in modo esponenziale insieme alle nevrosi, alle depressioni, ai disturbi mentali. Non c'è più modo di elevarsi verso l'infinito, l'entità superiore si sta allontanando vieppiù negli spazi siderali, e non ci rimane nulla se non la nostra finitezza da esorcizzare rifuggendo dall'individualità.
Se la libertà individuale è sacrificata dall'interazione con gli altri, allora il non eremita può aspirare ad una libertà fatta di un'intelligenza tollerante circondata di altre intelligenze tolleranti. sono le stupidità e le ignoranze a soffocare.
RispondiEliminaHai ragione Metro, il problema che mi pongo io è più a monte: sono i limiti che ci autoimponiamo dettati dal bisogno dell'interazione con gli altri.
RispondiEliminaSono questi condizionamenti, difficili da superare proprio perchè dirivano dal nostro inconscio, che costituiscono il più grande ostacolo nel cammino verso la "libertà da".
quando senti i chiavistelli dei condizionamenti che si chiudono, prova il mantra scardinatore "chissenefrega".
RispondiEliminaBello quello che dice GIANS, un altro modo di dire "vivi appartato". Certo in fondo è la nostra incapacità di vivere soli, come gli eremiti, che ci costringe a queste sofferenze.
RispondiEliminaVivere appartati, limitando l'ambito delle nostre relazioni, può essere una agevolazione.
Si fa in questo modo però il gioco di chi ci vuole docili, passivi rispetto alle incombenze della polis, affidati ad un potere, come diceva Toqueville, che sembrerebbe paterno se non fosse impegnato nel tenerci bambini invece che portarci sino alla piena maturità.
A Venezia, Rai Cinema ha presentato "Noi credevamo", che vedremo in autunno in due puntate, che parla del Risorgimento. Libertà, per Mazzini ed i suoi proseliti, ma anche per i partigiani antifascisti ed in qualche modo per i brigatisti degli anni di piombo significava, come diceva De Andrè, "rischiare libertà strada per strada, scordarsi le rotaie verso casa, io ne valgo la pena".
Esiste anche questa opzione.
Io credo che la maggiore paura dell'uomo sia stare solo con se stesso. E questa paura nasce dal fatto che si troverebbe a riflettere sul suo stato e la sua condizione di "non libero" in quanto influenzato dagli altri; Credo che la libertà di cui parli si possa anche raggiungere ed ottenere ma ad un prezzo a volte non facile. Per es. decidere di seguire la propria strada anche se questo può provocare timori e preoccuapazioni in chi am é una forma di libertà individuale molto forte se ci pensi. Bellissimo post, post che sembra nato da una riflessione o antefatto personale. Sembra infatti scritto più come una conclusione di un ragionamento emotivo che come un post nato riflettendos sui massimi sistemi.
RispondiEliminaUn bacio
Daniele
Metro, ottimo suggerimento :)
RispondiEliminaUgolino, ho sempre pensato che nella fuga dal mondo degli eremiti ci fosse una parte di codardia. Quanto all'impegno civico, credo che sia possibile solo dopo aver raggiunto quella che io chiamo libertà da. Finchè si è prigionieri di se stessi, non c'è spazio per la condivisione.
RispondiEliminaDaniele, dimostri ancora una volta la tua estrema sensibilità. In effetti il post è la conclusione di una lunga riflessione. Condivido le tue premesse, ma il nodo cruciale è proprio nel saper accettare il rifiuto del prossimo di fronte al desiderio di vivere seguendo la propria strada. E' quella paura ad essere paralizzante.
RispondiEliminaUn bacio a te, Daniele